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    Frutti di bosco. Un super concentrato di vitamine e non solo

    Questi preziosi frutti, tipici della stagione estiva, grazie alle capacità antiossidanti, contrastano i radicali liberi e sono di grande benefico per il sistema cardiocircolatorio No pagePagina successiva Frutti di bosco. Un super concentrato di vitamine e non solo Profumati, succosi e colorati, sono solo alcune caratteristiche dei frutti che il bosco ci regala in estate. I frutti di bosco sono dei cibi molto versatili in cucina, si adattano alla preparazione di cibi dolci: ottime sono infatti le marmellate, i gelati e le gelatine, le creme per guarnire pasticcini e torte. Ma i frutti di bosco trovano posto come ingredienti per la preparazione di piatti salati: noto è infatti il riso alle fragole, oppure vengono usati per la preparazione di salse che accompagnano piatti a base di carne. Ma non finisce qui: vengono usati interi o per la preparazione di creme adatte per i massaggi del corpo, sfruttando così le loro numerose proprietà benefiche. Questi preziosi frutti sono un concentrato di vitamine, soprattutto A, B1, B2 e C; sali minerali, in particolare il potassio e il ferro. Sono ricchissimi di acqua, svolgono infatti un’azione dissetante. Sul Journal of Agricultural and Food Chemistry è stato pubblicato un articolo con il quale è stata confermata la capacità antiproliferativa svolta dai numerosi polifenoli, dotati di capacità antiossidante, contenuti nei frutti di bosco, specialmente nel lampone, perché caratterizzato da un alto contenuto in acido ellagico, che si è visto essere capace di svolgere un’azione anticancro. I più comuni frutti di bosco sono: Le fragoline Sebbene siano le meno considerate a causa delle ridotte dimensioni, le fragoline sono un concentrato di vitamina C, ferro e fosforo. Vengono prodotte tra il mese di giugno ed agosto e sono caratterizzate da un intenso profumo e da un sapore un po' acidulo. Le foglie di questi frutti possono essere usate per la preparazione di infusi con proprietà diuretiche. Così come le fragole, contengono salicilati, responsabili di reazioni allergiche in soggetti predisposti. Le fragole e le fragoline si distinguono dagli altri frutti per la disposizione nella parte esterna del seme. Un’antica credenza popolare credeva che questi frutti avessero la capacità di proteggere le persone dal morso dei serpenti. I lamponi In media, la pianta fruttifica in agosto. Grazie al loro delizioso sapore, vengono usati per mascherare il cattivo sapore dei farmaci; contengono ferro, vitamine B1, B2, C ed E, fosforo e potassio; inoltre, hanno capacità diuretica e lassativa. Il lampone ha inoltre la capacità di contrastare i picchi di glicemia, è utile per combattere le infiammazioni a livello delle articolazioni e per regolare il ciclo mestruale. Anticamente si credeva che questo frutto fosse efficace nella prevenzione degli aborti. Così come gli altri frutti di bosco, il lampone può essere l’ingrediente base per la preparazione di maschere di bellezza capaci di svolgere un’azione emolliente ed idratante per la pelle del viso. Per prepararla non occorre altro che schiacciare il frutto fresco, spalmarlo sul viso e lasciarlo in posa per almeno trenta minuti. Le more Sono ricche di betacarotene e di vitamine C ed E, ideali per combattere i reumatismi e infiammazioni alle articolazioni; aiutano l'organismo a smaltire l'acido urico e a regolare il ciclo mestruale. Se il succo ottenuto dalla loro spremitura si lascia fermentare, così come il mosto d’uva, si ottiene una leggera e buona bevanda alcolica. La ricchezza in antiossidanti permette loro di svolgere un’azione contro le patologie cardiovascolari. Purtroppo anche le more contengono salicilato responsabile di reazioni allergiche.

    Paura degli esami, ecco come sconfiggerla

    La prof. Anna Oliverio Ferraris, psicologa e psicoterapeuta, ci spiega come tenere sotto controllo la tensione e riuscire ad attribuire agli esami il giusto peso No pagePagina successiva Paura degli esami, ecco come sconfiggerla Da una parte l’insicurezza di non essere abbastanza preparati, il timore di non riuscire a ricordare tutto e la paura di deludere mamma e papà. Dall’altra l’ansia e le aspettative dei genitori nei confronti dei loro figli. Sono stati d’animo con i quali molti si trovano in questi giorni a fare i conti. Ma per fronteggiare la paura e affrontare gli esami serenamente, come spiega la prof. Anna Oliverio Ferraris, psicologa e psicoterapeuta,"è necessario sia per i figli che per i genitori riuscire a dargli la giusta importanza". Professoressa Ferraris, come possono i ragazzi riuscire a tenere sotto controllo l’ansia? È importante non arrivare al giorno dell’esame affaticati. È sbagliato studiare per esempio fino all’ultimo, stando sui libri fino alla notte prima. Bisogna, poi, evitare di prendere calmanti e psicofarmaci, perché questi possono avere un effetto negativo. Nei giorni precedenti alla prova d’esame è consigliabile fare delle cose che piacciono, come dedicarsi a un hobby, vedere un film, fare una bella passeggiata all’aria aperta o andare a correre. Per allentare la tensione del giorno dell’esame, cosa suggerisce di fare? Se uno è agitato, prima di iniziare a scrivere è consigliabile che faccia due o tre respiri profondi. Sembrerà una cosa banale, ma in questo modo si ossigena un po’ il cervello e ci si rilassa. Poi prendere tempo. Non fiondarsi subito a scrivere per l’ansia di non riuscire a finire. È importante, inoltre, non lasciarsi contagiare dall’ansia dei compagni. Se c’è un compagno ansioso, o si cerca con una battuta spiritosa di riuscire a rilassarlo oppure se questo è molto ansioso, è meglio allontanarsi. La paura, così come l’ansia, è contagiosa. Cosa può celarsi dietro la paura? Lo stato ansioso è sempre indice di un’insicurezza. Si può essere insicuri per motivi diversi. Ci si può non sentire abbastanza preparati, oppure, ci si può sentire insicuri di fronte alla novità dell’esame. Le novità creano sempre un po’ di preoccupazione. Un po’ di paura non fa male. Anzi, fa ragionare più in fretta. Ci rende più attivi e più partecipi. Rende il pensiero più veloce. Ma è l’eccesso che paralizza. E i genitori come possono tranquillizzare in questi casi i loro figli? La famiglia deve cercare di non alimentare ansie e paure. Compito del genitore è quello di creare un clima sereno e incoraggiante.

    Combatti la cellulite al mare

    Passeggiare immersi nel mare è un ottimo rimedio contro la cellulite, grazie al massaggio delle onde e all'azione dei sali marini che aiutano ad asciugare i liquidi in eccesso. «Si può cominciare camminando con l'acqua poco sopra il polpaccio, quindi si aumentano gradualmente la velocità e l'immersione», spiega il personal trainer milanese Davide Bottaro. «Quando ci si è scaldati, si alternano 30 secondi di scatto a 30 secondi di camminata lenta. Poi, con l'acqua al livello delle cosce, si alternano 30 secondi di corsa sul posto (portando le ginocchia all'altezza della vita), un minuto di pausa, 30 secondi di corsa calciata dietro (l'idea è di cercare di toccare i glutei con il tallone) e di nuovo un minuto di pausa». Per finire, puoi fare la bicicletta con le gambe mentre ti tieni in galleggiamento con le braccia: un movimento che ti serve anche come defaticamento. Se dopo qualche giorno di ginnastica anticellulite in mare vuoi passare a esercizi più intensi, ecco tre suggerimenti di Bottaro: «Si possono fare degli affondi sagittali: si parte a gambe unite e si sposta un piede in avanti di circa un metro, piegando il ginocchio e lasciando l'altra gamba tesa dietro (dieci volte per gamba alternando). Oppure si possono fare saltelli a piedi uniti (30 secondi e poi un minuto di pausa) o con un piede avanti e uno indietro, alternandoli (30 secondi e poi un minuto di pausa)».

    Le gambe delle donne

    Riscaldamento, tacchi alti, calze pesanti possono causare gonfiore e pesantezza. Ecco come proteggerle Le gambe delle donne Lunghe, affusolate, toniche, sode. Le gambe sono una parte importante del fascino femminile e tutte vorremmo averle così. Ma al di là dell’aspetto estetico, devono essere soprattutto in buona salute. “Per molte donne, infatti, soprattutto in inverno, gonfiore e pesantezza sono all’ordine del giorno, complici caldo e secchezza degli ambienti, calze pesanti e calzature che, come stivali e stivaletti, stringono la gamba” spiega il professor Giovanni B. Agus, specialista in chirurgia vascolare e angiologia. “A complicare le cose, poi, c’è la predisposizione individuale all’accumulo di liquidi nei tessuti, o certe celluliti localizzate che dilatano la circonferenza di cosce, polpacci e caviglie”. Per controllare i sintomi e aiutare la micro circolazione superficiale, però, bastano poche regole quotidiane e l’utilizzo dei prodotti giusti. Inoltre, “su consiglio medico” aggiunge Agus, “si può seguire una terapia di supporto con preparati (in compresse o capsule) ad azione antingonfiore e antiossidante, come i flavonoidi micronizzati, prodotti vegetali (estratti da mirtillo, diosmina, rutina, esperidina e vite rossa), che agiscono come protettori dei capillari impedendo la ‘trasudazione’ dei liquidi nei tessuti”. Azione drenante - Ogni sera, dopo la doccia, sdraiatevi sul letto con le gambe appoggiate a una parete per 5 minuti. Poi stendete un fluido specifico (a base di rusco, mirtillo, tiglio, foglie di vite rossa, mentolo, centella, oxerutina), premendo con le dita aperte come se fossero i denti di un pettine. Poi afferrate il ginocchio mettendo le mani ad anello e risalite lungo la gamba. Ridiscendete e ripetete con l’altra. Per sentirsi leggere - Durante il giorno, quando sentite le gambe pesanti, vaporizzate un prodotto spray a base di sostanze rinfrescanti edecongestionanti (mentolo, ippocastano, equiseto, canfora): dona immediatamente una sensazione di leggerezza. - Alla sera, dopo la doccia, stendetevi sul letto e appoggiate le gambe a una parete per 5 minuti, poi massaggiate un gel (regala un effetto fresco), che contenga ingredienti rinfrescanti e decongestionanti (gli stessi dello spray). Conservate la confezione in frigorifero per ottenere una maggiore sensazione di freschezza. Piccole regole di benessere - Appena alzate bevete un bicchiere di acqua minerale naturale a temperatura ambiente: regola l’intestino e combatte uno dei principali fattori che peggiorano il disturbo… - Prima di sera fate una camminata di due chilometri: è un toccasana per la circolazione, specialmente se fate una vita sedentaria. - Per aumentare l’effetto dei cosmetici, prima di applicarli fate una doccia tiepida e mentre siete sotto l’acqua strofinate conun guanto di crine (o una spugna se avete capillari in superficie) massaggiando la pelle in senso circolare: serve ad aprire i pori e a rendere la pelle più ricettiva. Poi, stendete la crema: si assorbirà molto più in fretta. - Non usate sempre i tacchi alti; il tacco ideale è sui 3-4 centimetri e rispetta l’arco plantare, la curvatura naturale sotto il piede. - Non state in piedi per ore; se non potete evitarlo, ogni tanto sedetevi per 5 minuti appoggiando le gambe su una sedia. - Se lavorate molte ore sedute usate una pedana poggia-piedi inclinata o addirittura mobile. - Dormite con le gambe sollevate mettendo un cuscino fra il materasso e il letto. - Non indossate abiti stretti (pantaloni, biancheria intima, ecc): le costrizioni all’inguine, alle ginocchia e al polpaccio ostacolano la risalita del sangue verso il cuore.

    Metodi per avere Denti Bianchi e perfetti

    Come ottenere denti bianchi e splendenti senza spendere cifre folli? Con lo sbiancamento dentale, un trattamento che non ha particolari controindicazioni. Può essere eseguito da un dentista ma spesso lo effettua un' igienista dentale, professionisti che non mettono a rischio lo smalto dando ottimi risultati che durano nel tempo: un valido alleato alla normale prassi di igiene dentale. Diverso è il discorso per i kit fai da te per lo sbiancamento dei denti. Si tratta di strisce o mascherine a base di sbiancanti chimici (clorito di sodio o acqua ossigenata) da tenere in posa qualche minuto. Si acquistano al supermercato o in farmacia, sbiancano poco e per pochi mesi. Il loro prezzo oscilla tra i 50 e 70 euro. Possono irritare le gengive e sensibilizzare i denti perché i tempi di posa spesso non vengono rispettati e comunque non c'è un controllo preventivo e successivo da parte di un medico Altre metodologie per avere denti bianchi: Mascherine per i denti: sono create su misura dal dentista, aderiscono all'arcata dentaria e si indossano la notte per un paio di settimane con un gel a base di acqua ossigenata. Il risultato, ben visibile dura almeno un paio d'anni. La mascherina costa 400 euro e il gel 50. A distanza di tempo il dentista potrà consigliare se ripetere il trattamento. A quel punto, la spesa sarà solo per il gel (le mascherine si conservano). Laser: in un'unica seduta di mezzora il dentista applica sui denti il gel e subito dopo passa il laser. I denti possono essere più sensibili per qualche giorno, ma il medico vi avrà già prescritto dei collutori a base di fluoro. Lo sbiancamento, anche in questo caso, dura un paio d'anni, ma è immediato. Il prezzo è sui 500 euro. Faccette di ceramica: sono utilizzate da molti attori e restituiscono denti bianchi e soprattutto allineati. Sono faccette fatte in ceramica che si incollano sulla parte frontale dei denti, da canino a canino,, durano per moltissimo tempo e regalano una forma ed un sorriso perfetto. Prezzi a partire da 3mila euro.

    Come Rimuovere un Tatuaggio

    I tatuaggi sono belli, specialmente all' inizio, quando c'è la novità, ma hanno un difetto, a differenza del trucco permanente, sono permanenti. Quando ci siamo stancati, oppure quando abbiamo il desiderio di rimuoverli, o comunque cancellarli per cambiare disegno e colore esistono delle procedure per eliminarli. Escludendo la chirurgia, che comporta la comparsa di cicatrici, vediamo quali sono le tecniche di rimozione dei tatuaggi. Elettrosalatura: è una tecnica che si tende a non utilizzare più. Prevedeva un'applicazione giornaliera di una miscela a base di cloruro di sodio posta sul tatuaggio che provocava un'abrasione cutanea profonda. Per cancellare del tutto il disegno sono necessarie diverse sedute (da 3 a 6 mediamente). Alla fine del trattamento, è necessario continuare la medicazione della zona interessata per 3 settimane circa. Si tratta di una tecnica che offre comunque buoni risultati solo sui tatuaggi molto superficiali; negli altri casi, c'è il rischio che l'abrasione troppo profonda crei una zona di pelle più chiara oppure addirittura una cicatrice permanente. Laser Q-switched: è la metodologia più utilizzata per eliminare i tatuaggi in modo efficace, sicuro e senza rischio di cicatrici. Si tratta di laser a impulsi ultraveloci: la durata dell'impulso di luce è nell'ordine del nanosecondo, cioè un milionesimo di secondo. Questo tipo di laser provoca una sorta di "micro-esplosione" dei pigmenti colorati che formano il tatuaggio; le particelle pigmentale vengono dunque progressivamente vaporizzate e poi eliminate attraverso i macrofagi, cellule che sono capaci di inglobare nel loro citoplasma particelle estranee e di distruggerle. Anche se offre ottimi risultati, il trattamento con i laser Q-switched non garantisce la stessa risposta su tutti i tatuaggi: molto dipende dall'estensione e, soprattutto, dal colore del tatuaggio. Non tutte le tinte, infatti, sono ugualmente sensibili all'azione del laser: il nero e il rosso sono i più facili da rimuovere, i più difficili sono il blu e verde; il giallo e il bianco possono anche non rispondere affatto al laser.

    Tumore al Seno, reggiseno stretto e altri miti da Sfatare

    Sono tanti i miti da sfatare a proposito delle cause che portano a sviluppare un tumore al seno. Ci sono le donne ad esempio che pensano che il reggiseno stretto fa venire una neoplasia, una persona su 3 intervistata per uno studio presentato a Chicago, al summit dell'American Society of Clinical Oncology ad esempio. Uno studio condotto in Irlanda sulle false leggende del tumore al sene mette in mostra che la confusione dilaga, sfiorando in molti casi la leggenda metropolitana. «C'è un'ampia fetta di popolazione male informata sui fattori di rischio oncologico», riassumono gli autori. In generale, «molti sopravvalutano il peso della genetica come pure di ambiente e stress. Mentre i pericoli legati all'età, all'obesità e al sole sono sottovalutati». L'atteggiamento che prevale è il fatalismo: una persona su 5 ritiene che il rischio di ammalarsi di cancro nel corso della vita non possa essere modificato, e per più di uno su 10 riuscire a evitare il tumore è solo una questione di fortuna. L'indagine ha coinvolto 525 persone dai 18 ai 74 anni, in maggioranza donne (86%). L'81% ammette di avere paura del cancro, ma il 20% ritiene che se il rischio è 'di famiglià non c'è nulla che si possa fare per dribblare la malattia. E ancora: il 20% non sa che la probabilità di sviluppare un tumore cresce con l'età, il 27% crede che più della metà dei tumori siano ereditari e appena il 32% è consapevole dei pericoli legati all'obesità. I 5 fattori di rischio più citati sono fumo (85%), dieta (74%), alcol (44%), genetica (38%) e ambiente (31%), ma nella lista ci sono anche reggiseno stretto (33%) e traumi al seno (49%), telefoni cellulari (86%) e i cibi più svariati (formaggio, latte, cioccolato, uova e addirittura i 'virtuosì soia e vino rosso), compresi gli alimenti geneticamente modificati (81%). Nell'elenco dei 'cattivì ci sono pure detersivi (73%) e l'uso di aerosol (71%). E per non ammalarsi? Il 35% cita la dieta 'detox', il 61% i cibi biologici e il 12%, per l'appunto, la fortuna.

    Dieci utili rimedi contro il gonfiore

    Di seguito vi proponiamo degli utilissimi rimedi per combattere il gonfiore depurando l’organismo e riattivando la circolazione sanguigna.Siete stufe di sentire i pantaloni che tirano e di avvertire un certo disagio indossando i vestiti che sono sempre più stretti. Gonfiore e ritenzione idrica, ti assediano soprattutto su glutei e cosce. In questi casi bisogna soprattutto lavorare sul metabolismo, sulla depurazione e la riattivazione circolatoria. Puoi ricorrere a tisane e menù leggeri, ma anche a massaggi e corretta respirazione. Ecco 10 rimedi antigonfiore. 1) Detossinare con acqua, frutta e verdura Spesso succede che nei tessuti si accumulino dei liquidi che dilatano la circonferenza delle cosce e dell’addome. Per favorire la depurazione è necessario bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno e introdurre più frutta e verdura fresca che aiutano a limitare la ritenzione dei liquidi. Seguire questo regime per 20 giorni. 2) Rienergizzati con la digitopressione L’antico massaggio giapponese tramite le dita “risveglia” alcuni punti detti interruttori spenti riequilibrando così la circolazione linfatica. Ogni mattina, per un mese, premi le cosce e gli altri punti gonfi con i polpastrelli delle tue dita. Un segreto: fai piano per non rompere i capillari e tira leggermente la pelle verso l’alto per eliminare i ristagni di liquidi. 3) Stimola la circolazione con il bagno giapponese Immergiti in vasca e comincia un rituale samurai. Applica un asciugamano bagnato mantenuto freddo con acqua fredda prima sul dorso del piede, poi sulla gamba, continua sull’anca, sull’inguine, nell’area dell’ombelico. Ripeti più volte l’esercizio cercando di applicare il panno anche nella parte anteriore e posteriore delle gambe. Questa stimolazione che riattiva tutto il sistema circolatorio sollecita il drenaggio linfatico presso glutei, cosce, addome. Poi, immergiti nell’acqua (38 gradi) dove hai sciolto 225 grammi di alghe. Inspira ed espira con calma. 4) Tonifica il corpo con l’acqua running Il movimento è senza dubbio un altro prezioso alleato di gambe e glutei tonici e ben modellati. E gli effetti sono amplificati se l’attività viene svolta nell’acqua, il cui massaggio sui tessuti cutanei stimola la microcircolazione. Fai running che consiste nel camminare e poi correre avanti e indietro in piscina, immersa fino alla vita, con diverse andature. 5) Brucia i grassi con i colori Per eliminare gonfiori e cuscinetti, non è necessario andare in istituto e fare una seduta a emissioni di luce colorata. Puoi fare anche fare da sola utilizzando il più possibile il colore rosso che “iperemizza” cioè favorisce l’apporto di sostanze nutrienti ai tessuti e, quindi, drena. Attenzione a non avere capillari in evidenza in quel caso scegli il verde. 6) Drena i liquidi con l’edera Metti 50 grammi di foglie essiccate sminuzzate in un litro di acqua bollente per dieci minuti e bevine tre tazze al giorno per un mese. Ricca di ederina e di antiossidanti quest’erba ha il potere di riequilibrare la circolazione linfatica co-responsabile di gonfiori & C. 7) Respira come insegna il Tao Anche le emozioni e i pensieri negativi intossicano quanto l’ambiente inquinato e tendono a gonfiare e a rendere il respiro alterato e affannoso. Per ristabilire il corretto ritmo inspirazioni-espirazioni siediti su una sedia, inspira portando le mani sopra il seno e poi espira emettendo il suono S a lungo. 8) Strofina il corpo con un guanto di crine Praticato in passato dai Kapua, gli sciamani delle Hawai, il massaggio Lomi Lomi è davvero un cancella-gonfiori: prima della doccia, massaggia il corpo con un guanto di crine o una spazzola per gli abiti. Strofina la pelle concentrandoti su glutei e cosce, fino a quando l’epidermide non si arrossa leggermente. Vai sotto la doccia e con il getto freddo disegna cerchi andando dal ginocchio verso l’alto. 9) Applica una crema alla betulla La fitoterapia contemporanea conferma l'aspetto detox e drenante della betulla. Le sostanze contenute nelle foglie (saponine, glucosidi, flavonoidi) hanno una notevole azione diuretica e smuovono i depositi di liquidi, sostanze di scarto e grassi. 10) Riduci i latticini Formaggi e yogurt sono una delle cause più frequenti di intolleranze che tendono a rallentare il metabolismo e provocare stanchezza e gonfiore. Prova a farne a meno per dieci giorni.

    Epatite C: un antivirale sperimentale per combatterla

    Si chiama telaprivir, e il suo uso si è rivelato più efficace rispetto alla terapia standard.(ANSA) - ROMA, 23 GIU - Il trattamento con telaprevir, un antivirale sperimentale, combinato con interferone pegilato e ribavirina, è risultato significativamente più efficace, nei pazienti affetti da epatite C cronica di genotipo 1, rispetto al trattamento con i soli interferone pegilato e ribavirina. È il risultato di due studi clinici di fase III, Advance e Realize, pubblicati sul New England Journal of Medicine. ''Nel mondo - afferma Stefan Zeuzem, lead investigator del trial Realize e capo del Dipartimento di Medicina presso il Johann Wolfgang Goethe University Hospital di Francoforte - sono più di 170 milioni le persone con infezione cronica da Hcv, ma la terapia standard odierna, che prevede interferone pegilato combinato con ribavirina, è prevista in meno della metà dei pazienti affetti da epatite C da genotipo 1, che non hanno fatto alcuna cura. I risultati degli studi dimostrano i benefici per i pazienti trattati con telaprevir''. Zeuzem sottolinea inoltre che ''i risultati dello studio di Fase III Realize dimostrano, inoltre, che per la prima volta, un farmaco con nuovo meccanismo di azione si è rivelato efficace in tutti i pazienti precedentemente trattati, inclusi i null-responder''. (ANSA).

    L'incontinenza prima e dopo il parto

    Durante il periodo della gravidanza molte donne vanno incontro al fenomeno dell'incontinenza urinaria, cioè la perdita involontaria di urina. Più frequentemente è caratterizzata da perdite di lieve entità ed episodi poco frequenti. Più raramente, invece , il fenomeno può essere più accentuato e grave. Questa condizione può anche protrarsi dopo la gravidanza o presentarsi qualche tempo dopo la nascita del bambino. L'incontinenza durante la gestazione può subentrare generalmente a causa della compressione dell'utero: crescendo di volume aumenta la pressione sulla vescica, che risponde contraendosi e determinando perdita di urina. Inoltre, il peso del bambino provoca uno stiramento delle fibre muscolari del pavimento pelvico riducendo l'attività contenitiva vescicale. La forma più frequente di incontinenza in gravidanza è quella definita da sforzo. La donna, quindi, a seguito di uno sforzo, di un colpo di tosse o starnuto può avvertire la perdita di urina. Come gestire il disturbo Innanzitutto occorre essere certi che si tratti di urina e non di perdite di liquido amniotico, pertanto occorre avvisare immediatamente il proprio ginecologo. Una volta accertato che si tratti di urina occorrerà evitare al massimo che questa urina determini infiammazioni ai genitali esterni o peggio ancora infezioni. Pertanto, possono essere efficaci certamente dei dispositivi studiati per assorbire l'urina in queste situazioni (esistono in commercio assorbenti specifici), utilizzare detergenti disinfettanti (ma questi non più di due, tre volte al giorno per non abbassare le naturali difese immunitarie con l'abuso di saponi), cambiare frequentemente la biancheria intima. Dopo il parto Dopo il parto ci sono casi in cui alcune donne continuano a soffrire di incontinenza, oppure il problema, seppure non presente durante la gravidanza, può insorgere dopo la nascita del bimbo. Ormai si è tutti d'accordo nel dire che il fattore di rischio per l'insorgenza o il protrarsi dell'incontinenza dopo il parto sia proprio la gravidanza stessa. Infatti, mentre un tempo si credeva che il taglio cesareo, per esempio, potesse essere protettivo rispetto al parto spontaneo nell'insorgenza dell'incontinenza, oggi studi a lungo termine hanno confutato questa ipotesi. Infatti, da studi di neurofisiologia, è stato dimostrato come il bimbo che alloggia nel grembo materno determina un rimodellamento delle fibre muscolari del pavimento pelvico, causando l'alterazione del meccanismo di contenzione vescicale. Fortunatamente il disturbo, che spesso crea veri disagi, può essere curato con successo e le piccole perdite di urina possono essere gestite quotidianamente con l’utilizzo di assorbenti specifici che assicurano la giusta protezione protezione e permettono libertà di movimento Le cure Certamente durante la gravidanza vengono consigliate cure conservative, mediante ginnastica del pavimento pelvico eseguito da fisioterapisti specializzati. Questa potrà essere sicuramente proseguita dopo la gravidanza giovandosi anche del biofeedback: si tratta di un particolare strumento di ultima generazione che tonifica e controlla l’attività muscolare pelvica. Ovviamente, queste terapie, comprese le chirurgiche mini-invasive, dovranno essere messe in atto una volta eseguita la diagnosi di che tipo di incontinenza è insorta nella donna.

    Scolpisci gli addominali per la prova bikini

    Pancia piatta. Se è vero che il tempo che ci separa dalla prova costume è poco, è pur sempre vero che una corretta alimentazione ed esercizi mirati possono dare ottimi risultati nell’arco di poche settimane.Pronta per la prova costume? Sono poche le donne che risponderebbero con un pieno "sì", la maggior parte di noi, guardandosi allo specchio si sente insoddisfatta, chi per le gambe, chi per i glutei, chi per le braccia e chi per gli addominali. Vista la scadenza ormai alle porte, il primo consiglio è quello di non essere troppo critiche: un bel sorriso è capace di nascondere molti difetti. Ciò non vuol dire, però, lasciare le cose come stanno e non impegnarsi per migliorare la propria forma. In particolare, se il problema è un po’ di "pancetta", ecco alcune strategie che vi aiuteranno, se non ad avere la tartaruga, almeno ad avere la pancia piatta. Innanzitutto la dieta: mangiare equilibrato cercando di mantenere l’intestino regolare, così da prevenire fastidiosi gonfiori. Attenzione alla frutta: mangiata a fine pasto può dare origine a fenomeni fermentativi che in men che non si dica faranno lievitare la pancia. Meglio tenerla come fresco spuntino da consumare tra un pasto e l’altro. Anche le bibite gasate potrebbero causare lo stesso problema, quindi, se proprio non si riesce rinunciare all’acqua gasata durante i pasti, sarebbe bene limitare le bibite quali cole, toniche & C. Sempre per facilitare le funzioni intestinali, è bene bere molto. A un corretto stile di vita si deve abbinare una ginnastica mirata che favorisca la perdita del grasso che vela gli addominali e la loro tonificazione. Ecco di seguito una routine che deve essere ripetuta almeno tre volte a settimana. In caso i chili da perdere siano superiori a 3, il mio consiglio è quello di alternare le routine a delle uscite di allenamento esclusiva mento aerobico (corsa, bicicletta, camminata ecc.).

    Rimodellare e aumentare il volume dei glutei: ecco le nuove tecniche

    I sondaggi parlano chiaro: è uno dei trend più attivi delle ultime estati. Perché non sempre la prova costume viene superata dalle donne come si vorrebbe e, molto spesso, il confronto con il bikini diventa micidiale. Quando palestra e massaggi non bastano, sempre più donne si rivolgono al chirurgo plastico per scolpire il proprio corpo, in particolare il lato B. Oggi, i metodi per rimodellare o ingrandire i glutei sono molteplici, ma non tutti risultano essere efficaci o in grado di dare dei buoni risultati. Per fare luce sulle diverse tecniche, abbiamo incontrato il dott. Massimo Re, specialista Chirurgia Plastica ed estetica. Per aumentare il volume dei glutei esistono tre tecniche: la gluteoplastica additiva, il filler di macrolane e il lipofilling. Gluteoplastica Additiva Permette di tonificare i glutei aumentando le dimensioni e ridefinendo la forma rendendola più armoniosa. Per questo tipo di intervento vengono utilizzate protesi in silicone specifiche, più robuste di quelle per l’ingrandimento del seno, che si inseriscono nella parte alta delle natiche tramite una sola incisione completamente nascosta nella piega in mezzo ai glutei. La protesi viene posizionata in sede intramuscolare, collocata tra le fibre del muscolo, senza lasciare cicatrici visibili e non da nessun problema quando si è seduti. Anzi, la contrazione dei muscoli solleva ancora di più il gluteo verso l’alto. Macrolane e Lipofilling Entrambi i trattamenti, che non richiedono un intervento di chirurgia, sono indicati per piccole correzioni e per migliorare o complementare il risultato di un impianto di protesi glutei. Il Macrolane è un filler a base di acido ialuronico che può dare dei buoni risultati solo se iniettato in piccole quantità (non più di 150 cc). Questo filler, oltre ad avere costi molto elevati, è riassorbibile nel giro di 6/12 mesi e in alcuni casi, se inserito in dosi eccessive può formare delle cisti perché viene incapsulato dal corpo umano come una protesi, dando un risultato antiestetico e percepibile al tatto e alla vista come se si iniettasse del silicone liquido. A differenza del silicone, essendo un materiale compatibile con l’organismo, si può sempre correggere aspirandolo tramite una cannula, senza particolari problemi. Il Lipofilling consiste nel prelevare i propri adipociti (cellule di grasso), da zone come l’addome o le cosce, per poi inserirli nella parte interessata. Anche in questo caso non si possono iniettare più di 200cc per volta, di cui la metà viene riassorbita con una prevista riduzione di volume inizialmente impiantato. Le cellule rimaste attecchiscono senza essere più rigettate. Se invece si desidera solo rimodellare i glutei esistono altri metodi differenti fra loro e sono: la liposcultura, il lifting dei glutei, i fili russi o Silhouette e l’innovativa tecnica del filo d’oro. Liposcultura Con questa tecnica viene eliminato il grasso in eccesso in un gluteo molto voluminoso, ma l’idea innovativa consiste nell’eseguire l’operazione direzionando il tragitto della cannula sempre verticale, in modo che durante la guarigione la fibrosi cicatriziale, che tende a retrarsi come in tutte le cicatrici, alzi i tessuti sostenendoli. Si evitano, così, le antiestetiche pieghe trasversali del solco gluteo (provocate dalla direzione della cannula orizzontale) che spesso creano un effetto ottico peggiore di quello di partenza.

    Candida albicans. I sintomi, le cause e la dieta per sconfiggerla

    La nutrizionista ci consiglia gli alimenti che impediscono a questo fungo di proliferare esageratamente nel nostro organismo, causando numerosi disturbi psicologici e fisici.Anche se non ce ne rendiamo conto, il nostro organismo è invaso da microrganismi: nel nostro intestino sono presenti addirittura oltre 400 specie differenti. Ma, diversamente da quanto si possa inizialmente pensare, svolgono un’azione positiva per il mantenimento del nostro stato di salute e per il corretto svolgimento di numerose funzioni fisiologiche. In particolare svolgono un’azione trofica, cioè controllano la proliferazione e la differenziazione delle cellule epiteliali e lo sviluppo del sistema immunitario; ma anche una funzione metabolica infatti sono coinvolti nella sintesi di vitamine come ad esempio la K, ma partecipano anche alla degradazione dei residui alimentari non digeribili; svolgono infine una funzione protettiva grazie alla capacità di inibire la proliferazione di microrganismi patogeni. Fra la lunga lista di microrganismi che vivono nel nostro corpo e partecipano alle numerose funzione elencate vi è anche la Candida albicans. Questo lievito è presente a livello intestinale e ci aiuta nella digestione degli zuccheri; può succedere un improvviso cambiamento del suo comportamento: in seguito ad esempio ad un periodo di stress, disordini alimentari, assunzione di farmaci in particolare antibiotici o malattie che causano un inevitabile indebolimento delle difese immunitarie, la Candida può incominciare ad aumentare notevolmente di numero, in modo incontrollato, tanto da riuscire a invadere la parete intestinale fino ad arrivare al circolo sanguigno dove rilascerà le tossine responsabili della "sindrome da lievito" caratterizzata da stanchezza, irritabilità, disturbi intestinali, rallentamento della digestione, intolleranze alimentari, gonfiore addominale, dolore, prurito, irritazione, arrossamento, perdite vaginali. L'apparato gastrointestinale, urogenitale, il sistema nervoso e il sistema immunitario sono i punti principalmente colpiti da questo lievito. La terapia necessaria per combattere la candida è abbastanza lunga e complessa; l’uso di farmaci antifungini è utile, ma spesso non risolutivo. Per combattere la Candida è necessario agire su diversi fronti per rinforzare il sistema immunitario e riequilibrare la flora batterica intestinale, entrambi particolarmente suscettibili a comportamenti scorretti, soprattutto di tipo alimentare. Molto frequentemente chi soffre di candidosi ha una accentuata voglia di zuccheri, in particolare a fine pasto. Questa necessità è indotta dalla stessa Candida la quale, per sopravvivere, necessita proprio di zuccheri. Grazie a questo meccanismo è di basilare importanza ridurre o meglio ancora eliminare l’assunzione di zuccheri semplici, in particolare, cioccolata, miele, dolciumi, gelati, biscotti, torte, bibite zuccherate e non, yogurt alla frutta o zuccherati. Da evitare è anche la frutta fresca matura. Un altro gruppo di cibi da evitare sono quelli fermentati, in particolare quelli contenenti lieviti e muffe: formaggi come il gorgonzola; prodotti lievitati come pane, pizza, brioche, focacce; cibi contenenti glutammato come il dado per brodo e alimenti precotti confezionati; bevande alcoliche specialmente la birra; derivati della soia come il latte e la salsa; cibi contenenti aceto di vino come i sottoaceti, salse per condire le insalate, il ketchup. Altra categoria di alimenti da evitare sono il latte e i suoi derivati, perché possono presentare tracce di antibiotici che possono contribuire ad accentuare la candidosi. È necessario anche eliminare tutti i cibi preconfezionati o inscatolati e particolarmente ricchi in conservanti; le spezie piccanti, in particolare il curry. Una volta eliminati tutti questi alimenti, dobbiamo invece introdurre abbondantemente degli altri.

    Una medicina per cancellare i brutti ricordi

    Una pillola per cancellare le esperienze negative, lasciando intatti i bei ricordi. È quello che da anni stanno studiando gli scienziati per “curare” le persone traumatizzate da qualche evento...Una medicina per cancellare i brutti ricordi Una pillola per cancellare le esperienze negative, lasciando intatti i bei ricordi. È quello che da anni stanno studiando gli scienziati per “curare” le persone traumatizzate da qualche evento drammatico. Mandare giù una pillola e dimenticare in pochi istanti un’esperienza traumatica, un brutto ricordo o una persona che ci ha fatto soffrire: una promessa di felicità per molti, ma anche un’arma potenzialmente pericolosa, capace di fare grossi danni. Un gruppo di ricercatori del Centro per le Scienze Neurologiche di New York ha recentemente messo a punto un farmaco capace di eliminare in modo selettivo alcuni ricordi dalla memoria dei ratti, lasciando integri gli altri. Il magazzino degli incubi Joseph LeDoux e i suoi collaboratori sono riusciti a intervenire sul meccanismo che, regolando il trasferimento dei ricordi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine, dà vita ai ricordi permanenti. Questo processo, noto come riconsolidamento, può essere alterato o interrotto con opportuni farmaci, evitando in modo selettivo la formazione di alcuni specifici ricordi, senza modificare gli altri. Ratti impauriti I ricercatori hanno indotto alcuni ratti ad avere paura di due differenti suoni facendoglieli sentire mentre veniva loro inflitta una scarica elettrica. Hanno poi somministrato a metà degli animali l’U0126, un composto chimico noto per provocare amnesie, mentre facevano sentire ai topolini di nuovo i suoni, nel tentativo di far riaffiorare il ricordo spiacevole. E la paura se ne va Il giorno dopo, sono stati fatti ascoltare gli stessi rumori ai topolini, ma quelli trattati con l’U0126 sembravano non avere più “memoria” di quella paura, mentre gli altri associavano il rumore allo sgradevole ricordo della scossa elettrica. Secondo i ricercatori, il timore del suono (e quindi dell’esperienza negativa) non si è consolidato nella memoria permanente dei ratti “curati” con l’U0126. Questione di neuroni Secondo LeDoux in questo processo gioca un ruolo fondamentale l’amigdala: è una zona del cervello in cui, durante la formazione di un ricordo spiacevole, si può notare un consistente incremento delle comunicazioni tra i neuroni. Nei ratti trattati con il farmaco il numero di queste connessioni neuronali era molto ridotto: questo indica una vera e propria cancellazione della memoria dolorosa. Salvataggi automatici La ricerca del team americano non è comunque la prima nel suo genere: già nel 2004 un gruppo di scienziati di Cambridge aveva ipotizzato di poter alterare il processo di riconsolidamento dei ricordi per intervenire alla radice su problemi come le dipendenze da droga e alcol, le fobie ricorrenti e le sindromi da stress. Secondo i ricercatori britannici la memoria subisce un riconsolidamento ogni volta che vengono fatte affiorare i ricordi, come in un file che viene aperto e poi salvato. Grazie a opportuni farmaci dovrebbe essere possibile interrompere questo processo, impedendo il “salvataggio del file” e cancellando così il ricordo spiacevole. Sicuri che sia sicuro? È evidente come questo tipo di ricerca apra il dibattito su numerosi problemi etici: se la parte più psicologica dell’essere umano è anche il frutto delle esperienze, la cancellazione selettiva dei ricordi spiacevoli non rischia forse di trasformarci in automi sorridenti, incapaci di apprendere dagli avvenimenti negativi e quindi di migliorare? Quanto potrebbe sopravvivere l’uomo senza la difesa offerta dalle paure? Contro questo tipo di studi si è apertamente schierato anche il Comitato di Bioetica della Casa Bianca, secondo il quale modificare il contenuto della nostra memoria equivale a modificare la nostra personalità. I fautori del “lifting” chimico, capaci di farci vivere, almeno in teoria, più felici e meno stressati sono comunque numerosi. Roger Pitman, psichiatra di Harvard, sostiene che la cancellazione della memoria sia addirittura doverosa in tutti quei casi come gli attentati terroristici, gli stupri e gli incidenti, che rischiano di condizionare per tutta la vita l’emotività e la serenità di chi li subisce.

    Troppo stress? La pelle ti salva... con le canne

    La nostra pelle produce una sostanza simile al principio attivo della marijuana. Ma è inutile cercare lo sballo succhiandosi un dito... (Alessandro Bolla, 18 luglio 2008) Secondo un recente studio condotto in Ungheria la nostra pelle produrrebbe endocannabinoidi, sostanze molto simili al principio attivo contenuto nella marijuana. Questa secrezione sarebbe la risposta del cervello ai fattori di stress che minacciano la pelle, come il sole e il vento. I cannabinoidi svolgono infatti questa funzione protettiva nei confronti delle foglie di marijuana. Come i dermatologi sostengono da tempo, condizioni piscologiche e salute delle pelle sono strettamente legate. Perdita dei capelli, acne e psoriasi sono più frequenti nei periodi di forte stress: a questi la cute risponde producendo neuropeptidi e endocannabinoidi che ne contrastano gli effetti. «La pelle è l'organo più esteso di tutti», sostiene Andrzej Slominski, uno degli autori della ricerca, «e come tale è il più esposto ai fattori ambientali.» Ma se qualcuno stesse già pensando di cercare lo sballo succhiandosi un dito, si metta tranquillo: la quantità di endocannabinoidi prodotta dalla pelle è irrisoria. Login with Facebook

    Sport: la preparazione inizia a tavola

    Alimentazione e corsa: non esistono due persone "identiche" e capaci di adattare il proprio stomaco allo stesso modo e agli stessi alimenti. Qualche regola per il modo più giusto di nutrirsi in allenamento e in gara, però, può essere data. Ma prima, bisogna capire come funziona il "motore" del corpo. (10 settembre 2008) Noi utilizziamo due fonti energetiche diverse, grassi e carboidrati. E le usiamo in proporzione variabile a seconda dell'impegno energetico: «Ai bassi regimi, bruciamo una miscela di grassi e carboidrati in proporzione variabile, mentre agli alti regimi consumiamo soltanto carboidrati» spiega Enrico Arcelli, il medico sportivo che fa da consulente per Focus nella preparazione della Maratona di New York 2008. Solo che la quantità di carboidrati disponibili (circa 400 grammi per un uomo di 70 kg) non è proprio infinita... Quando sono in riserva, non si riesce più a continuare. RISPARMIO In pratica, il nostro allenamento alla maratona deve portarci a consumare grassi in alta quantità a partire dal primo metro di corsa, per evitare di andare in penuria di carboidrati: è quello che non fa un mezzofondista che corre pochi chilometri in pista, ma è quello che deve necessariamente fare un maratoneta. «Per allenare il fisico a fare questo, può essere utile correre al mattino a digiuno: si va un po' più piano, ma si abitua bene il fisico a consumare poco». OCCHIO ALLO ZUCCHERO Anche se è luogo comune che lo zucchero "dia energia", questo non è del tutto corretto: dà certamente energia, ma un po' troppo velocemente. Alza cioè il livello di insulina nel sangue, e questo ormone può compromettere la prestazione atletica perché tende a distruggere in poco tempo sia lo zucchero ingerito che le riserve "stoccate" nei muscoli. «Prima di correre, se si ha troppa difficoltà a farlo al mattino a digiuno, si può mangiare una fetta di pane tostato con 30 grammi di prosciutto cotto» consiglia Arcelli «Ma è bene non eccedere con zucchero o marmellata: meglio il miele, a più lenta digeribilità». A PRANZO... Se correte invece nella pausa-pranzo, sappiate che per non andare in calo energetico dovete aver fatto colazione non dopo le 9 di mattina: questo per evitare di avere ancora cibo sullo stomaco. «È il peggior nemico dell'allenamento ben fatto: il cibo rimasto nello stomaco "balla" a ogni passo, risultando spesso indigesto. Ci sono però persone che sono meno sensibili a questo fenomeno, e possono mangiare tranquillamente anche poco tempo prima della seduta di allenamento: in generale, però, è meglio evitarlo» dice Arcelli. ... E A CENA Meglio correre, in questo caso, alla sera, prima di cena. Ottimo è integrare le energie con un frutto consumato intorno alle 17, se si pensa di uscire tra le 19 e le 20. Dopo la corsa, si può mangiare di tutto, ascoltando il proprio corpo e fidandosi delle sensazioni che ci fornisce lo stomaco: «In genere gli alimenti semplici (pasta poco condita, riso, verdura verde, pane, carne bianca e pesce) sono ben digeriti. A differenza di quelli fritti o dei formaggi soprattutto cotti, che impegnano lo stomaco per molte ore». Sia prima che dopo l'allenamento vanno esclusi i superalcolici: «Ma se si è abituati, un bicchiere di vino a pasto o una birra si può concederseli senza problemi».

    Influenza addio: arriva il vaccino quasi definitivo

    Le medicine per cambiar vita Pillole per stimolarsi o calmarsi. Per rendere di più sul lavoro oppure a letto. Per dimagrire, dormire, svegliarsi. Dov'è il confine tra normalità e patologia? Servono? Sicuramente alle case farmaceutiche: il mercato di queste sostanze vale 18 miliardi di euro. Un vaccino di nuova concezione renderà immuni dall’influenza per molti anni. La sperimentazione umana è appena inziata ma le premesse sono incoraggianti. (Alessandro Bolla, 15 settembre 2008) Le fastidiose influenze invernali che ogni anno costringono a letto milioni di persone potrebbero, nel giro di qualche tempo, essere solo un ricordo: in Gran Bretagna ha infatti preso il via la sperimentazione su esseri umani del primo vaccino anti influenzale universale. Ma come è possibile mettere a punto un vaccino capace di rendere immuni per sempre, o quasi, dal virus dell’influenza, visto che questo muta ogni anno causando sintomi e fastidi sempre diversi? ATTACCO DALL'INTERNO Sarah Gilbert, responsabile del progetto, spiega che i vaccini tradizionali sono studiati per provocare una risposta immunitaria da parte delle proteine che si trovano sulla parte più esterna del virus. L'INFLUENZA IN CIFRE Nel 1918 si è registrata la più grave pandemia influenzale della storia, nota come "la spagnola", che ha causato 50 milioni vittime in tutto il mondo. In Europa il 10% delle assenze dal lavoro per malattia è imputabile all'influenza. In Francia e in Germania il costo annuale della perdita di produttività causata dall'influenza è stimato in 8-12 miliardi di euro. Ma queste proteine cambiano ogni inverno e quindi occorre rivedere il farmaco così da mantenerne inalterata l’efficacia. Il vaccino di nuova concezione agisce invece sulle proteine che si trovano all’interno del virus e che sono meno soggette a mutazioni (e secondo i ricercatori un approccio simile potrebbe essere utilizzato per sviluppare prodotti capaci di combattere HIV, cancro e malaria). Una volta vaccinati si dovrebbe essere al riparo dall’influenza per un periodo che va da 5 a 10 anni. Se questo prodotto si rivelerà efficace, cambierà radicalmente il modo di concepire le campagne di vaccinazione. Sarà possibile immunizzare molte più persone e avere sempre disponibili grandi scorte di vaccino da utilizzare in caso di pandemia. Attualmente il farmaco è in sperimentazione su gruppi di volontari e prima della sua commercializzazione sono necessari almeno 5-10 anni di studi e verifiche. Gioie e dolori della febbre. John Oxford, professore di medicina presso la Queen Mary University di Londra afferma che questa ricerca è una vera sfida alla quale si stanno dedicando anche le case farmaceutiche, per le quali sviluppare un nuovo vaccino ogni anno è un enorme costo. Ma non era un enorme business?

    Il ruolo del latte

    Resta un mistero l'ingrediente magico, ma non ci sono dubbi: l'allattamento al seno rende i bimbi più intelligenti. La conferma arriva da uno studio pubblicato sugli Archives of General Psychiatry da Michael Kramer, della McGill University e dell'ospedale pediatrico di Montreal. Sebbene già in precedenza altre ricerche avessero suggerito un qualche ruolo del latte materno nello sviluppo cognitivo del bambino, questo è il primo studio in cui si è seguita la crescita di un gruppo di neonati allattati al seno e un gruppo col latte artificiale. E' emerso che, a sei anni e mezzo, i primi totalizzano una media di 7,5 punti in più nei test per misurare l'intelligenza verbale, 2,9 punti in più nei test per misurare l'intelligenza non-verbale 5,9 punti in più nei test per misurare l'intelligenza tout court. Il latte materno è considerato un vero toccasana per i neonati, con effetti positivi anche a lungo termine sulla salute dei piccoli. Anche lo sviluppo psicocognitivo in passato era stato collegato all'allattamento al seno. Mancava però uno studio sistematico per verificare gli effetti del latte materno sul cervello del bambino.

    Allergie in aumento, bambini troppo puliti

    Non c’è dubbio: le allergie sono un fenomeno in aumento. in Italia, così come in tutti i Paesi sviluppati come l’Italia, il 10% dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma bronchiale (nell’80% dei casi provocata da allergie), il 18-20% soffre di rinite allergica, mentre il 10 % può presentare dermatite atopica. I dati sono emersi nel corso della Quarta Giornata del Bambino Allergico, organizzata a Roma dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Alama (Associazione laziale asma e malattie allergiche), Federasma (Federazione italiana delle associazioni di sostegno dei malati asmatici e allergici) e Siaip (Società Italiana Allergologia e Immunologia Pediatrica). Un boom di allergie. Delle percentuali sicuramente più alte rispetto al passato: “Nel nostro Paese – mette in evidenza il Professor Giovanni Cavagni – Responsabile di Allergologia Pediatrica pressol’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - dal 1950 ad oggi, si è passati da un 10% della popolazione colpita in generale da una manifestazione allergica, ad un allarmante 30%, che include bambini ed adolescenti in età scolare. Un vero e proprio boom di al­lergie, tale da considerarle oggi una vera e propria malattia sociale.” Siamo troppo ‘puliti’. Quali le cause di questo incremento? “I fattori sono molteplici - risponde il prof. Giovanni Cavagni - Innanzitutto il fenomeno va collegato alle condizioni di eccessiva pulizia - per non dire proprio di sterilità - in cui vivono i nostri bambini, soprattutto nei primi mesi dopo la nascita". “Per carità, sicuramente il miglioramento della qualità della vita e delle condizioni igieniche nelle quali viviamo oggigiorno ha portato a ridurre l’incidenza di alcune malattie anche gravi, come la tubercolosi o l’epatite B, ma col bambino sano non bisogna esagerare a creare preventivamente un ambiente troppo sterile”. Il sistema immunitario rischia di ‘confondersi’. “In condizioni normali, infatti, il nostro sistema immunitario riesce a capire bene quali sono i ‘buoni’ e i ‘cattivi’ e, man mano che matura, si adatta a combattere germi, virus e batteri, che riconosce come suoi nemici, mentre impara a tollerare quel che gli fa bene e gli serve per nutrirsi” prosegue il prof. Cavagni. “Se l’ambiente che circonda il bambino predisposto all’allergia è troppo sterile, i ‘cattivi’ vengono meno. La conseguenza? Il sistema immunitario, non trovando più i bersagli esterni cui è deputato naturalmente, va alla ricerca di nuovi nemici da combattere, e li individua tra le prime sostanze con le quali è venuto a contatto sin dalla vita fetale, ossia gli alimenti assunti dalla mamma du Login with Facebook

    Uomini e donne reagiscono al pericolo in modo diverso

    Lei si lascia sopraffare dalle emozioni, lui si prepara ad affrontare la situazione (o a darsela a gambe). Lo dimostrano i diversi esiti della risonanza magnetica funzionale. E voi cosa ne pensate? Siete d’accordo? Elisabetta Intini, 1 dicembre 2009 Lasciate perdere le eroine ultrarisolute alla Lara Croft: in caso di pericolo sono gli uomini i primi ad avere il "polso" della situazione. Almeno secondo quanto emerge da una ricerca recentemente presentata al convegno annuale della Radiological Society of North America. Per capire come i due sessi reagiscono alle situazioni d’emergenza, un’equipe dello Jagiellonian University Hospital di Cracovia, in Polonia, ha sottoposto a risonanza magnetica funzionale 40 soggetti adulti, 21 uomini e 19 donne. Ai volontari sono state mostrate due batterie di immagini riguardanti oggetti e situazioni quotidiane: la prima riferita a circostanze negative, la seconda a momenti positivi. Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere. Nel guardare le figure negative, le donne hanno mostrato una più significativa attivazione della parte sinistra del talamo, un’area che scambia informazioni sensoriali con i centri del dolore e del piacere della corteccia cerebrale. Negli uomini invece, ad attivarsi maggiormente è stata la regione sinistra dell’insula, che gioca un ruolo chiave nel controllo di attività biologiche involontarie come respirazione e battito cardiaco. In pratica, tutto ciò che occorre per preparare il corpo a confrontarsi con un pericolo, o a darsela a gambe. «Questo potrebbe voler indicare che quando si trovano a dover fronteggiare situazioni pericolose, gli uomini sono più propensi all’azione» ha detto Andrzej Urbanik, a capo dello studio «mentre le donne dedicano maggiore attenzione all'identificazione dei sentimenti suscitati dallo stimolo». Che bei ricordi! Le signore si sono mostrate più emotive anche nella parte più "piacevole" dell’esperimento, quando sono state sottoposte cioè, a immagini che evocano situazioni positive. In questo caso, le volontarie hanno mostrato rispetto ai loro "colleghi", una maggiore attività nel giro temporale superiore destro, un’area cerebrale associata alla memoria. Come se, ipotizzano i ricercatori, le donne associassero gli stimoli positivi a un contesto sociale allargato o a un particolare ricordo. Mentre gli uomini si concentrano maggiormente sulla natura dello stimolo visivo in sé.

    Depressione: che cosa c'è da sapere

    Come prevenirla, come riconoscerla e curarla. Domande e risposte per imparare a conoscere il male di vivere.Le frasi sono ormai nell’uso comune: “sono giù”, “sono depresso”, “mi sento svuotato”. La vita, insieme alle gioie, somministra anche periodi difficili: un lutto, la perdita del lavoro, un esame importante da rifare, dissapori in famiglia, un divorzio, la pensione, la menopausa, la perdita della giovinezza, una malattia, tutte evenienze difficili da superare. Di solito questi episodi durano 4-6 mesi, poi passano e l’umore torna ai livelli di partenza. Ma se in questo periodo se ci si rivolge al medico, la risposta è spesso una pillola e questo spiega perché da anni la vendita di antidepressivi continui ad aumentare. L’Agenzia del farmaco segnala che fra il 2000 e il 2009 il consumo di antidepressivi in Italia è aumentato del 76% ([1]). Nulla di strano: gran parte dell’informazione dei medici viene fatta dalle aziende farmaceutiche che hanno tutto l’interesse a vendere pillole. E anche molta dell’informazione che circola sui mass media, televisione compresa, è condizionata dalle aziende farmaceutiche. Inoltre la pillola è una risposta facile: il paziente esce dallo studio soddisfatto. Ma non sempre è la risposta corretta [2] e a volte è addirittura sbagliata e dannosa. Facciamo chiarezza. L’Italia ha un particolare problema di depressione? No, anzi: l’Italia ha la grande fortuna di avere molte giornate di sole e di luce, e questo previene gran parte dei casi di depressione. L’incidenza della depressione maggiore infatti è molto inferiore [3] rispetto agli altri paesi del mondo: il rischio è del 3% contro il 6% della Francia, il 5,3% dell’Olanda e la prevalenza, cioè le persone che hanno sofferto di una crisi depressiva nell’arco di tutta la vita, è del 10% in Italia contro il 18,8% dell’Olanda, il 21,4% della Francia, il 14,5% del Belgio. Trasportando queste percentuali in numeri si può dire che 1,8 milioni di Italiani sono in questo momento depressi e circa 6 milioni ne soffriranno o ne hanno sofferto nell’arco della vita. Si può prevenire la depressione? Certamente sì: chi sa di avere consanguinei che hanno sofferto di depressione è bene che inizi con la prevenzione e quindi adotti uno stile di vita regolare: andare a letto sempre alla stessa ora e alzarsi sempre alla stessa ora; fare molta attività fisica preferibilmente all’aria aperta; avere un’alimentazione prevalentemente vegetale con l’aggiunta di pesce; una vita sociale ricca sembrano essere tutti fattori di prevenzione. E non fumare e non bere più di 1-2 bicchieri di alcolici (birra e vino) al giorno. Si può risollevare l’umor nero? Certo: stare al sole o sotto lampade che ne imitino la luce [4] per esempio migliora il tono dell’umore. Anche fare attività fisica regolare: camminare a passo veloce, pedalare in campagna, fare una partita a calcetto, sciare, meglio se l’attività fisica si svolge all’aria aperta. Praticare tecniche di rilassamento [5] e ascoltare musica [6]. Questi secondo il Nice, (National Institute of Clinical Excellence Britannico [7] sono i primi interventi efficaci. Che cosa fare negli adolescenti depressi? Negli adolescenti bisogna fare particolare attenzione e intervenire soprattutto nella prevenzione. Irregolarità della vita, poche ore di sonno, uso di sostanze d’abuso (fumo, alcol e altre in genere), vita prevalentemente notturna con scarsa esposizione alla luce e vita sedentaria al computer o davanti alla televisione possono predisporre alla depressione. Nel caso dei giovani intervenire sullo stile di vita è particolarmente importante perché su di loro gli antidepressivi aumentano il rischio di suicidio [8] nei primi due mesi di uso tanto che l’Fda ha richiesto che questo rischio sia particolarmente evidenziato. Che cosa fare se non bastano? Il prestigioso Nice britannico (National Institute for Health and Clinical Excellence) nelle sue linee guida [9] consiglia la psicoterapia comportamentale di gruppo. A volte il cattivo umore dipende da come si guarda alla vita. In Italia purtroppo il Servizio Sanitario Nazionale ha una grave lacuna nel campo delle psicoterapie, lacuna che invece altri servizi sanitari pubblici, come quello britannico, hanno da tempo colmato. Nel servizio sanitario italiano invece le terapie cognitivo comportamentali sono poco rappresentate, e questo nonostante uno studio britannico [10] abbia dimostrato che la cifra spesa in 11 anni (1991-2001) in antidepressivi (pari a 450 milioni di euro) dal sistema sanitario britannico avrebbe consentito di assumere 7700 psicoterapeuti numero sufficiente a fornire 6 sedute di terapia cognitivo comportamentale l’anno (considerate sufficienti!) a oltre 1,5 milioni di pazienti: terapie prive di effetti collaterali e considerate più efficace e di efficacia più duratura della terapia farmacologica. Quando la depressione diventa una malattia da curare con i farmaci? Il prestigioso Nice britannico [11] (National Institute of Clinical Excellence) consiglia di abbinare alla psicoterapia anche i farmaci solo nei casi di depressione moderata e maggiore, le due forme più grave della depressione. La diagnosi di depressione moderata, secondo il Dsm-IV, bibbia degli psichiatri americani adottata anche dal Nice, richiede che siano presenti almeno 5 sintomi sui 9 qui sotto elencati e che la presenza di questi sintomi sia verificata in parecchie sedute: 1. Umore depresso per la maggior parte del giorno quasi ogni giorno 2. Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte o quasi tutte le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno 3. Consistente perdita di peso, in assenza di dieta, o consistente aumento di peso, oppure diminuzione o aumento dell’appetito quasi ogni giorno 4. Insonnia o eccesso di sonno quasi ogni giorno 5. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno 6. Affaticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno 7. Autosvalutazione o sentimenti eccessivi o inappropriati di colpa presenti quasi ogni giorno 8. Diminuzione della capacità di pensare e di concentrazione, o difficoltà a prendere decisioni quasi ogni giorno 9. Pensieri ricorrenti di morte, ricorrente ideazione suicida senza elaborazione di piani specifici, oppure un tentativo di suicidio o l’elaborazione di un piano specifico per commettere suicidio. Questi sintomi devono essere presenti per almeno 2 settimane e ogni sintomo deve essere presente in modo sufficientemente grave per l’intera giornata e tutti i giorni, e questo nonostante si siano attuati tutti gli interventi non farmacologici. Gli antidepressivi servono? Servono, abbinati alla psicoterapia comportamentale, nei casi di depressione media e grave. Non servono molto, ma un po’ servono, e vale la pena assumerli solo in questi casi. Uno studio ha analizzato tutti i dati presentati all’Fda (l’agenzia Usa che autorizza i farmaci) sull’efficacia delle molecole. E ha concluso che la differenza di risultato fra il placebo e gli antidepressivi era dovuta alla riduzione dell’effetto placebo non all’aumento dell’effetto antidepressivo [12]. Ne’ funzionano meglio gli antidepressivi triciclici. Gli studi non finanziati dall’industria dimostrano infatti che anche questi non hanno più efficacia del placebo, cioè delle pastiglie che il paziente crede siano una cura, ma di fatto non contengono principi attivi [13] di un antidepressivo. Quanto impiegano gli antidepressivi prima di essere efficaci? Mediamente gli antidepressivi detti inibitori del reuptake della serotonina impiegano 15 giorni per cominciare a essere efficaci. Se dopo 2-4 settimane la situazione non migliora, vuol dire che quell’antidepressivo non è efficace. E bisogna tornare dal medico per verificare se è il caso di cambiare la molecola o il tipo di antidepressivo. Anche se il farmaco è efficace bisogna comunque verificare con il medico ogni 2 settimane che tutto proceda al meglio e in quella occasione segnalargli la comparsa di ogni nuovo disturbo. Pochi infatti parlano degli effetti collaterali [14] degli antidepressivi che pure non sono da sottacere: aumento di peso, calo del desiderio e dell’erezione, emorragie negli anziani. E questi spiegano perché gli antidepressivi sono da prendere solo se il rischio giustifica il beneficio. Quando si comincia a stare meglio non bisogna interrompere l’antidepressivo se non con il consenso del medico. Di solito una terapia non dura meno di 6 mesi e per interromperla bisogna effettuare una dose a scalare (gradualmente diminuire) per circa 4 settimane, non si deve interrompere improvvisamente. Che cos’è l’agomelatina? È un antidepressivo autorizzato da poco per la terapia degli episodi di depressione maggiore (quelli veramente gravi). Ema, l’agenzia europea che autorizza i farmaci, ha precisato [15] che questa molecola ha effetti collaterali più gravi degli altri antidepressivi, soprattutto a danno del fegato e costa molto di più. Ciò nonostante ha pensato che per i casi di depressione molto grave, in cui è a rischio la vita del paziente, se gli altri farmaci con meno effetti collaterali non sono efficaci, allora nel bilancio rischio/beneficio può essere sensato ricorrere a questo farmaco. Anche il Nice britannico sta analizzando il caso dell’agomelatina [16] solo nei pazienti con depressione grave nel caso in cui gli altri farmaci fossero inefficaci.

    I pericoli del Sole

    Non è vero che il sole fa bene alla salute. L 'esposizione eccessiva ai raggi solari è un sicuro fattore di rischio per la pelle: ecco allora semplici regole per rispettare la salute senza rinunciare all'abbronzatura. Il sole fa bene, la tintarella è salutare ed evita la depressione, basta la crema per non rischiare scottature... Arriva la bella stagione, le vacanze sono alle porte e su giornali, televisioni e radio si leggono e sentono i soliti falsi miti sull'abbronzatura. La realtà, senza tanti complimenti, è una soltanto: il sole fa male alla pelle. I benefici dell'esposizione ai raggi solari, infatti, sono molto inferiori al rischio di sviluppare tumori e alla certezza di fare invecchiare precocemente la pelle. La parola d’ordine, dunque, è prendere il sole con moderazione, proteggendosi ed evitando le ore più calde. In questo speciale cerchiamo di fare chiarezza, rispondendo alle domande più frequenti sui pericoli del sole. E svelando alcune curiosità e consigli sulla tintarella.

    La cocaina ti cambia, fisicamente, cervello e cuore.

    Uno studio inglese e uno italiano dimostrano che la cocaina modifica struttura e funzionalità di cuore e cervello.Lo "sballo"? Secondo le ultime ricerche ti spacca. (© foto Adrianna Williams/Corbis) Riduce la quantità di materia grigia, rende incapaci di prendere decisioni, fa perdere la memoria e rovina il cuore: sono alcuni degli effetti della cocaina sul fisico umano recentemente scoperti da due ricerche indipendenti, una inglese e una Italiana. Ti picchia in testa Secondo Karen Ersche, del Behavioural and Clinical Neuroscience Institute dell’Università di Cambridge, e i suoi collaboratori il principio attivo della cocaina modificherebbe in modo permanente la conformazione fisica del lobo frontale e dei centri della ricompensa di chi ne fa uso. La ricrcatrice ha scoperto che l’assunzione di coca riduce progressivamente la soglia dell’attenzione e rende sempre più compulsivo e incontrollabile il consumo. La risonanza magnetica per immagini del cervello di 60 volontari cocaino-dipendenti ha evidenziato notevoli anomalie rispetto al cervello di chi non ha mai utilizzato stupefacenti. Il lobo frontale e il cingolato anteriore dei cocainomani presentano una quantità di materia grigia sensibilmente inferiore al normale e ciò influisce negativamente sulle capacità decisionali, sulla determinazioine nel raggiungere obiettivi, nell’attenzione e nei processi emozionali. Non solo: gli utilizzatori della cocaina mostrano uno sviluppo anormale dell’insula e del nucleo cordato (una regione profonda del cervello), con alterazioni nei meccanismi del piacere, della ricompensa e del coordinamento motorio. È nata prima la mutazione o la dipendenza? Secondo gli scienziati questo potrebbe spiegare perchè alcune persone sono maggiormente disposte alla dipendenza da questa sostanza, ma non sono ancora in grado di confermare una correlazione diretta tra la crescita abnorme di queste aree cerebrali e l’utilizzo della cocaina. «Non possiamo ancora dire se la cocaina provoca uno sviluppo anomalo in queste regioni del cervello o se le persone con questa conformazione cerebrale cadono più facilemente nella dipendenza», afferma la Ersche, «ma abbiamo dimostrato che la cocaino-dipendenza è una malattia del cervello e non un problema morale, come ancora oggi si tende consideralo». Cuore a pezzi E una ricerca tutta italiana condotta presso la Fondazione Gabriele Monasterio Cnr-Regione Toscana, in collaborazione con la Asl 5 di Pisa e i Sert (Servizi per le tossicodipendenze) toscani ha dimostrato che l’assunzione di cocaina danneggia seriamente il cuore, ma senza provocare sintomi che consentano di intervenire prima che sia troppo tardi. «La cocaina, oltre ad avere altri effetti, è dannosa per il cuore» - spiega Michele Emdin, coordinatore della ricerca, condotta assieme a Giovanni Aquaro e Massimo Lombardi, della Fondazione Monasterio, e Milo Meini, della Asl pisana. «Il nostro studio ha rilevato un'elevata presenza di cardiotossicità in persone con abuso cronico di cocaina» L’analisi dei cuori di 25 uomini con una lunga storia di convivenza con la droga ha evidenziato danni cardiaci nell’83% dei casi e una riduzione del volume del ventricolo sinistro nel 47% di loro. E il 73% dei soggetti analizzati ha mostrato danni ai tessuti cardiaci, probabile conseguenza di un infart
    non avvertito.

    La caffeina antitumorale?

    Studi recenti sembrano spiegare il suo ruolo nell'espulsione delle cellule della pelle danneggiate dall'esposizione ai raggi UV, prima che possano evolvere in tumore.Il caffè, principale fonte economica di molti Paesi in via di sviluppo e oggetto di speculazione sui mercati finanziari, raramente garantisce il sostentamento dei coltivatori. Ora potrebbe diventare importante, per noi, per le sue proprietà antitumorali. La caffeina dà un contributo importante nella protezione dai raggi UV e nella prevenzione di alcuni tumori, in particolare quelli della pelle. Le proprietà antitumorali di questa "droga" (è una sostanza psicoattiva) naturale, presente per esempio nelle piante di tè e cacao - oltre che in quelle del caffè, sono già state ampiamente confermate da diversi studi su campioni di popolazione importanti (come questo del 2007, negli Usa, su 94.000 donne) e con protocolli molto severi. Non è invece del tutto chiaro quali siano i meccanismi biologici coinvolti. Una delle ipotesi che si fanno i ricercatori attribuisce alla caffeina la capacità di favorire la morte (e di conseguenza l'espulsione) delle cellule danneggiate dalla radiazione solare, inibendo in parte l'azione di un enzima (chinasi serina/treonina) che invece induce alla replicazione (mitosi) le cellule anche quando il loro Dna è danneggiato (per esempio dai raggi UV, vedi), contrastando all'origine la formazione di un possibile tumore. Uno studio recente (2011) che ha visto coinvolti istituti quali la University of Washington, il Massachusetts General Hospital e la Harvard Medical School, sembra ora confermare questa ipotesi. Lo studio è stato condotto sui ratti e necessita di molte verifiche ancora, tuttavia è considerato un punto di svolta. «La ricerca mostra che a livello cellulare la caffeina induce un meccanismo di rinnovamento naturale, che è cosa ben differente dalla necrosi», commenta l'oncologa Joanne Kotsopoulos (University of Toronto, Canada), che non è coinvolta nella ricerca. «È biologicamente plausibile ed è importante concentrare la ricerca in questa direzione. Perché ha delle ottime implicazioni per le stretegie di prevenzione: sarebbe per esempio molto facile addizionare di caffeina qualunque crema solare.»

    Il vaccino della malaria potrebbe salvare dal contagio centinaia di migliaia di bambini

    Cauto ottimismo intorno alla sperimentazione di un vaccino in grado di dimezzare gli episodi di malaria nei bambini di pochi mesi di vita.«Ce n'è voluta e ancora non siamo arrivati, ma è sempre più chiaro che veramente abbiamo il primo vaccino efficace contro la malaria parassitaria dell'uomo». Con queste parole di cauto ottimismo inizia l'editoriale di Nicholas J White, della facoltà di medicina tropicale della Mahidol University di Bangkok, in Tailandia, una delle zone più colpite dalla malaria, sulle pagine del New England Journal of Medicine. Nello stesso fascicolo della prestigiosa rivista medica Nord americana viene infatti pubblicata un'anteprima parziale dei risultati della fase 3 della sperimentazione di questo vaccino contro il Plasmodium falciparum, il protozoo prevalente in Africa, nel Sud Est Asiatico, nel Pacifico e nel bacino Amazzonico. Questo ceppo del protozoo è infatti responsabile della forma cerebrale della malaria, quella mortale, che secondo il World Malaria Report solo nel 2009 ha fatto 781 mila vittime, prevalentemente bambini e donne incinte. Vite salvate La terza fase della sperimentazione del vaccino ha coinvolto oltre 15 mila bambini di due fasce di età, 6-12 settimane e 5-17 mesi di vita, seguiti per 14 mesi dopo la prima dose di vaccino. Oggi vengono pubblicati i risultati della sperimentazione sui primi 6000 bambini di 5-17 mesi e una valutazione dei primi 250 casi di malaria grave nei due gruppi di età. I numeri dimostrano che il vaccino dimezza (protezione del 55%) gli episodi di malaria, e riduce di un terzo (34,8%) i casi di malaria cerebrale: centinaia di migliaia di vite risparmiate. Buone notizie anche per i viaggiatori. Chi non attua alcuna profilassi infatti ha un rischio di infezione del 2,4% per mese di soggiorno in Africa occidentale e dell'1,5% per mese di soggiorno in Africa orientale. In Italia ogni anno si registrano circa un migliaio di casi di malaria contratta da viaggiatori. E inoltre il protozoo sta ricomparendo anche in Europa. Verso la luce Quando si è quasi alla fine della fase 3 di una sperimentazione si può ragionevolmente sperare di vedere l'alba: il vaccino viene testato su un numero ampio di soggetti ed emergono gli effetti collaterali. In questo caso sono state segnalate meningiti, che possono essere dovute appunto alla localizzazione cerebrale della malaria, e febbre acuta, che i ricercatori attribuiscono alle caratteristiche del vaccino, che scatena una forte risposta immunitaria per le sue caratteristiche, essendo costruito con una proteina frutto delle tecnologie ricombinanti, che fonde parte di una proteina del Plasmodium Falciparum, la circumsporozoita, con l'antigene di superficie dell'epatite B. «Questo vaccino protegge solo con l'immunità umorale: induce cioè la produzione di anticorpi contro la proteina circumsporozoita del Plasmodio» dice Francesco Sinigaglia, biotecnologo molecolare che per anni si è occupato di vaccino della malaria. «Ma oggi sapiamo che la protezione, per essere efficace, deve suscitare anche quella dei linfociti T. Lo step successivo sarà quindi aggiungere a questo vaccino un'altra parte che stimoli la risposta cellulare». Una famiglia africana seduta all'interno delle reti per zanzare fornite nell'ambito del programma Unicef contro la malaria. Una famiglia africana seduta all'interno delle reti per zanzare fornite nell'ambito del programma Unicef contro la malaria. Sensibili progressi Ma anche senza vaccini la malaria è in fase di ritirata: reti per i letti impregnate di insetticidi, gli insetticidi stessi e i farmaci associati all'artemisina hanno ridotto le crisi e la mortalità, per non parlare della chemioprevenzione nei bambini. Già nel 2009 la ricerca segnalava una riduzione dei casi e della mortalità dei bimbi di età inferiore a 5 anni rispettivamente del 55% e del 67% in Ruanda e del 73% e 62% in Etiopia. Il vaccino, associato agli altri metodi, può ulteriormente ridurre i casi. Se non sorgeranno gravi intoppi nell'ultima fase della sperimentazione (i prossimi dati sarano disponibili nel 2014), l'Oms (organizzazione mondiale della sanità) spera di poter raccomandare il vaccino già a partire dai primi mesi del 2015. Guardando avanti Finora nessuna azienda farmaceutica aveva voluto investire seriamente nella produzione di un farmaco utile solo ai paesi più poveri del mondo. Ora la globalizzazione e il moltiplicarsi degli scambi hanno cambiato il mercato, ma i farmaci preventivi hanno effetti collaterali sgradevoli che inducono a sospendere le terapie troppo presto. Ogni anno più di 10 mila viaggiatori (di cui 1000 italiani) si ammalano di malaria di ritorno da viaggi in are malariche e circa l'1% di quelli infetti da P. falciparum muore. Un vaccino sarebbe la soluzione più sicura ed efficace. Inoltre oggi il denaro per la ricerca viene in parte fornito dalle Ong: questo vaccino è infatti frutto della ricerca della GlaxoSmithKline Biologicals, del Path Malaria Vaccine initiative e del Bill and Melinda Gates Foundation. Login with Facebook

    Cosa si mangia per colazione nel mondo?

    Italia È in genere calda, dolce e profumata, a base di latte e caffè, biscotti, torte o brioche, oppure pane addolcito con marmellata o con cioccolato spalmabile ed eventualmente frutta. Questo modello si è diffuso dalla Prima guerra mondiale, perché alle reclute l’esercito offriva una colazione a base di latte, caffè e gallette. Prima di allora la maggior parte della popolazione mangiava gli avanzi della cena (pane al sud e polenta al nord), ammorbiditi nel latte. (Buon appetito! I modi più strani per dirlo in questa gallery) Nord Europa Contro il grande freddo servono tante calorie e per iniziare la giornata con la giusta energia nell’Europa del Nord si preferiscono quindi salsicce, uova fritte e cetrioli sottaceto. In Russia sono tipiche le crêpe lievitate e i mix di cereali (avena, miglio e riso) con panna acida. In Scandinavia oltre a prosciutto e formaggio è usuale gustare il porridge di avena (una sorta di semolino) con il latte. Paesi anglosassoni Uova strapazzate e bacon, ovvero pancetta di maiale fresca poi fritta. Questo è il piatto tipico della colazione nel Regno Unito. Oltre a ciò sono comuni le salsicce, il pane tostato col burro e il porridge. Sovente vengono consumati anche funghi e pomodori. La colazione negli Usa è simile, ma sono comuni anche lo sciroppo d’acero, i pancakes, i muffin e le ciambelle. (Sul piatto nel 2050: cavallette, alghe e hamburger artificiali) Oriente Il riso fa la parte del leone anche a colazione. In Cina la parola “colazione” si traduce addirittura in “riso del mattino”. Al cereale i cinesi accompagnano una bevanda a base di latte di soia e il cai, un contorno fatto di pesce, carne o verdure. In alternativa al riso si possono consumare i bao zi (ravioli ripieni di carne e verdure) o il fan, a base di orzo e granturco. India Diverse sono le pietanze della colazione indiana. Si va dal tipico pane chapati, agli involtini di riso e cocco, dalle focaccine di farina e patate cotte al forno al puttu, un dolce a base di curry, cocco, riso basmati e banane. Tradizionali sono anche i vada, ciambelline fritte salate speziate al ginger e al coriandolo. Nell’India del Nord è usuale consumare legumi e, in particolare, una minestra di piselli secchi con pasta fatta a mano. (Pensi di sapere come si gira il mondo? Fai il test sul galateo del viaggiatore) Africa La colazione varia a seconda delle regioni. Nel Maghreb (Marocco, Tunisia, Algeria, Libia) è a base di tè verde alla menta, pane bianco (tipo focaccia bassa cotta al forno) e cous-cous. In Egitto si può mangiare anche una pietanza a base di fave mentre in Senegal e nel Gambia si prediligono le arachidi accompagnate da un impasto di miglio, pomodori e verdure. Login with Facebook

    Vuoi dimagrire? Attento a quando (e non solo a quanto) mangi

    Mangiare a orari regolari è importante esattamente quanto la scelta di cosa mettere in tavola.Con la prova costume dietro l'angolo ogni stratagemma per veder sparire qualche fastidioso "rotolo" di ciccia è ben accetto. L'ultimo in ordine di tempo arriva dalla California ed emerge in un articolo pubblicato ieri sulla rivista scientifica Cell Metabolism: quando si tratta di perdere peso, quanto e cosa mangiamo non sono l'unico fattore da tenere in considerazione. Anche il quando, è importante, per un motivo che ha a che fare con i ritmi naturali del nostro organismo. Ingrasserai? Te lo dice la risonanza magnetica 24 ore non stop Un team di ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di San Diego (California) ha sottoposto gruppi di topolini a diversi regimi alimentari con differenti modalità di somministrazione del cibo: alcuni hanno seguito una dieta ricca di grassi con orari a piacere, ossia la possibilità di nutrirsi in qualunque momento del giorno e della notte; altri hanno seguito la stessa dieta ma con orari limitati nell'arco di 8 ore. Due gruppi di controllo hanno seguito invece un regime alimentare sano, a orari ristretti o liberi. Mangiare con gli occhi? Non è solo un modo di dire Ti piacciono i cibi spazzatura? Ecco perché I ritmi dell'appetito I topi che potevano mangiare solo in determinate finestre temporali hanno guadagnato meno peso e hanno subito meno danni a livello del fegato rispetto ai compagni "all'ingrasso" senza limiti di tempo. Inoltre, hanno mostrato meno complicazioni a livello metabolico e fisiologico. «Ogni organismo ha un orologio interno» ha detto Satchidananda Panda, che ha guidato la ricerca, «ci sono momenti in cui fegato, intestino, muscoli, lavorano a piena efficienza, e altri in cui sono come addormentati». Rispettare questi cicli è di vitale importanza per favorire processi come la produzione di glucosio in corrette quantità o la demolizione del colesterolo. Chi dorme poco ingrassa! Obesità: dipende anche dalle porzioni di cibo? Snack sul divano «Quando mangiamo in modo random questi ritmi non sono rispettati» continua il ricercatore, «è come se camminassimo mentre dormiamo. Se di notte non dormi bene, di giorno non sei sufficientemente riposato e non lavori in modo efficiente». Negli ultimi decenni, spiegano gli esperti, le nostre abitudini alimentari sono cambiate anche sotto al profilo temporale: molte più persone hanno motivi per rimanere sveglie di notte, anche solo per guardare la TV. E quando siamo svegli, lo sappiamo, tendiamo spesso a sgranocchiare qualcosa. Nella lotta all'obesità, quindi, il fattore tempo andrebbe maggiormente preso in considerazione: via libera a pasti a orari definiti, possibilmente, però, non ipercalorici.

    Il tradimento fa male al cuore

    I risultati di una ricerca italiana confermano che le scappatelle sono pericolose per il cuore. E non solo di chi viene tradito.La tradisci? Non rischi solo di spezzare il cuore alla tua dolce metà, ma metti a serio rischio anche il tuo. È la conclusione di uno studio tutto italiano condotto all'Università di Firenze da Alessandra Fisher e dai colleghi del dipartimento di Medicina della Sessualità e Andrologia. Stroncati dalle corna I ricercatori hanno analizzato la letteratura medica estrapolando tutti i casi che contengono termini come “tradimento”, “infedeltà”, “adulterio” e li hanno messi in relazione con la relativa fattispecie clinica. Dallo studio è emersa una correlazione tra i rapporti non ufficiali e i decessi, soprattutto maschili, per morte improvvisa coitale, cioè durante un appassionato incontro d'amore. Sembra insomma che la maggior parte dei maschi stroncati da problemi cardiaci nel bel mezzo di un rapporto sessuale non fossero in compagnia della legittima consorte. Uccisi dal rimorso? In parte sì. Secondo i medici fiorentini gli incontri extraconiugali, spesso con donne molto più giovani di loro, farebbero aumentare negli uomini l'ansia da prestazione e le condizioni generali di stress, che unite alla vita sregolata indotta dalle scappatelle metterebbero a dura prova il loro apparato cardiocircolatorio. Non solo: sembra che I maschi traditori, ancora innamorati o attratti dalle proprie compagne ufficiali, siano i più esposti a questo “infarto da tradimento”. Relazioni pericolose In generale, durante il rapporto sessuale, la pressione sale in modo spontaneo, aumentando nei soggetti predisposti il rischio di infarto o di ischemia. L'infarto coitale è comunque un evento raro, che si manifesta in meno del 5% dei casi di attacco cardiaco. Ma quindi... il sesso fa male? Assolutamente no, rassicurano gli esperti, anzi: le fatiche d'amore sono assimiliabili a una moderata attività sportiva, con in più notevoli vantaggi di tipo psicologico. Ma questo sembra non valere per le scappatelle....

    Meno tempo sul divano, meno cibo spazzatura

    Riducete le ore trascorse spaparanzati davanti alla TV e diminuirà anche la quantità di patatine e biscotti inglobati: provare per credere.Trascorrete meno spaparanzati sul divano davanti alla TV e magicamente diminuirà anche la quantità di cibo spazzatura che consumate. È la semplice ma efficace conclusione cui sono giunti alcuni ricercatori dalla Northwestern University Feinberg School of Medicine (USA), che in uno studio documentano come cambiare anche una sola della nostre cattive abitudini (sedentarie o sbagliate dal punto di vista alimentare) abbia un positivo effetto domino anche su tutte le altre. Due facili step per iniziare Per impostare una vita sana, che tenga alla larga patologie cardiovascolari e prevenga il cancro, basta iniziare da due comportamenti chiave: passare meno tempo a oziare sul sofà o davanti al computer e mangiare più frutta e verdura. Un approccio che semplifica il processo di guarigione di un numero sempre maggiore di americani, che vuole convertirsi a uno stile di vita più salutare ma non sa da che parte cominciare. Impostando queste semplici abitudini, secondo i ricercatori, si inizia una trasformazione destinata a durare nel tempo. Vuoi dimagrire? Attento a quando mangi! Sai perché ci piacciono i cibi spazzatura? Trattamenti combinati Scopo della ricerca era trovare il modo più efficace di invogliare le persone a rinunciare a cattive abitudini come mangiare troppi cibi grassi e poca frutta e verdura, trascorrere troppo tempo seduti a oziare e non fare abbastanza attività fisica. Come soggetti sono stati scelti 204 pazienti adulti tra i 21 e i 60 anni, tutti con qualche abitudine alimentare sconsigliata. I soggetti sono stati divisi in quattro diversi programmi: un trattamento prevedeva l'aumento del consumo di frutta e verdura e dell'attività fisica, uno il minore consumo di grasso e meno tempo trascorso a oziare, uno il minore consumo di grassi e l'aumento dell'attività fisica, uno l'aumento del consumo di frutta e verdura e meno tempo trascorso a oziare. Un incentivo in più Durante le tre settimane di trattamento, i pazienti hanno inserito i propri dati in un dispositivo digitale inviandoli a un assistente che comunicava con loro telefonicamente o via e-mail. Tanti sforzi sono stati ricompensati da una "paghetta" di 175 dollari, ogni volta che, al termine di ogni fase del trattamento, i soggetti raggiungevano un obiettivo. Al termine di ogni fase, della durata di 3 settimane, i pazienti non erano più obbligati a mantenere uno stile di vita sano per essere pagati: bastava spedire dati relativi a tre giorni virtuosi una volta al mese per guadagnare dai 30 agli 80 dollari. Tutte le ricette per star meglio Cambiamenti duraturi Nonostante la sospensione delle "mance", nei sei mesi successivi i soggetti hanno mostrato sensibili miglioramenti dello stile di vita. Le porzioni di frutta sono passate da 1,2 nella fase iniziale, a 5,5 in quella durante il trattamento, a 2,9 dopo il trattamento; i minuti di vita sedentaria sono passati da 219,2 a 89,3, a 125,7; e le calorie derivanti da grassi saturi sono passate dal 12% iniziale, al 9,4% intermedio al 9,9% finale. L'86%% dei pazienti si è detto convinto di riuscire a continuare sulla buona strada: qualcosa nel maggiore consumo di frutta e verdura li ha fatti sentire meglio, più sicuri di sé. Chi ben comincia - è proprio il caso di dirlo - è a metà dell'opera.

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